Evidenziata per la prima volta la presenza di rifiuti plastici nelle meduse (Press review)

Lo studio, nato da osservazioni nei pressi dell’isola di Ponza, pubblicato su Nature Scientific Reports. Secondo il team di ricerca italo-russo le meduse potrebbero rappresentare un importante veicolo per plastica e altri rifiuti lungo la rete trofica marina, fino ai grandi vertebrati.

Uno studio recentemente pubblicato su Nature Scientific Reports- “Episodic records of jellyfish ingestion of plastic items reveal a novel pathway for trophic transference of marine litter” – ha fornito per la prima volta evidenza della presenza di rifiuti marini in esemplari di medusa della specie Pelagia noctiluca, ampiamente diffusa nel Mar Mediterraneo.

Figura 1. Esemplare di Pelagia noctiluca osservato in campo, con un frammento di plastica trattenuto tra i lobi orali. Tale plastica deriva da una confezione di una famosa marca di sigarette.

Lo studio, coordinato da Armando Macali (Università della Tuscia) ed Elisa Bergami (Università di Siena), in collaborazione con Alexander Semenov dell’Università statale Lomonosov di Mosca e con il contributo di Ilaria Corsi (Università di Siena), dimostra, in particolare, che le meduse costituiscono un target “inaspettato” della plastica in mare. La ricerca è stata condotta su esemplari di P. noctiluca prelevatiin uno specchio d’acqua limitrofo all’isola di Ponza,caratterizzato da un plastic vortex, ovvero da un’area di accumulo di rifiuti marini formata dalla convergenza dicorrenti superficiali. L’osservazione risale al settembre 2016, nell’ambito della spedizione Aquatilis, ad opera di un team internazionale di ricercatori il cui scopo era descrivere la biodiversità marina mediterranea.Durante le attività subacquee, i ricercatori hanno osservato diverse meduse che interagivano con i rifiuti marini presenti in sospensione (Figura 1).

La raccolta e analisi di alcuni esemplari di P. noctiluca ha confermato la presenza di frammenti di natura sintetica all’interno delle loro cavità gastrovascolari (Figura 2). Tale evidenza ha permesso di ipotizzare la capacità delle meduse di ingerire rifiuti plastici marini, probabilmente riconoscendoli come prede a causa delle proprietà chimico-fisiche intrinseche delle plastiche.
La caratterizzazione dei frammenti plastici trovati nel corpo dalle meduse è stata effettuata mediante spettroscopia ATR-FTIR da Valentina Venuti e Vincenza Crupi presso l’Università di Messina e spettroscopia UV-Raman da parte di Francesco D’Amico e Barbara Rossi presso Elettra Sincrotrone Trieste dell’Area Science Park. Queste tecniche hanno permesso l’identificazione univoca di due frammenti di plastica (> 1 cm), costituiti da polietilene ad alta densità e polietilene contenente un ritardante di fiamma, oltre ad un terzo frammento di vernice a base di zinco.

Figura 2. Frammento di polietilene, di 1,7 cm di lunghezza, estratto dall'ombrello di una medusa


Fondamentale per le analisi dei frammenti plastici è stata la potenza e versatilità della spettroscopia UV Raman con luce di sincrotrone effettuata sulla linea di luce IUVS (Inelastic Ultraviolet scattering) ad Elettra, grazie alla quale è stato possibile individuare con precisione la composizione chimica dei materiali rinvenuti nelle meduse.
 
L’accumulo dei rifiuti marini, in particolare delle plastiche, nei mari e negli oceani di tutto il mondo è stato documentato dagli anni ‘70 e recentemente identificato come una delle più gravi forme di inquinamento a livello globale. In mare, i grandi frammenti di plastica, noti come macroplastiche (> 1 cm), possono rappresentare un pericolo per molti animali marini, i quali si indeboliscono e muoiono in seguito ad ingestione delle plastiche o intrappolamento nelle stesse (ad esempio nelle reti da pesca disperse in mare), per soffocamento, annegamento e disfunzioni alimentari. Diverse specie di organismi sono minacciate dalla presenza delle plastiche ma, ad oggi, la maggior parte degli studi si è concentrata su pesci, tartarughe e uccelli marini. Si ritiene, ad esempio, che le tartarughe possano ingerire frammenti sintetici colorati confondendoli con altre prede o scambiare sacchetti di plastica sospesi nella colonna d’acqua per meduse.
 
Questi cnidari, infatti, formano una parte considerevole della dieta dei grandi vertebrati, quali tartarughe marine e pesci, comprese anche specie rilevanti dal punto di vista commerciale, come tonno e pesce spada. Ne consegue che le meduse potrebbero rappresentare un importante veicolo della plastica e altri rifiuti lungo la rete trofica marina. Nonostante la ridotta dimensione del campione considerato, l’evidenza mostrata dallo studio pone delle basi importanti per future attività di monitoraggio e per comprendere i meccanismi di interazione delle plastiche con questi invertebrati marini e i loro potenziali effetti negativi.
 
Maggiori informazioni: Armando Macali, +39 329 974 4217
 
Fonte: Macali A., Semenov A., Venuti V., Crupi V., D’Amico F., Rossi B., Corsi I., Bergami E., 2018. Episodic records of jellyfish ingestion of plastic items reveal a novel pathway for trophic transference of marine litter, Scientific Reports8: 6105.  DOI: https://doi.org/10.1038/s41598-018-24427-7.

Ultima modifica il Lunedì, 06 Agosto 2018 15:41